O cime sopra vie danzanti, o isola,
prodigio, solitudine improvvisa,
castello in mare che guarda svanire
la nuvola, la nave! Non che manchi,
né a te dia tregua il rodere dei giorni.
Nelle tue grotte scavano le onde,
il braccio verso-terra a le si scorcia,
e i pini si scarmigliano, spauriti
dall’ululo dei mobili fondali.
In piedi, tu ed io! Anche se accade
talvolta che si giuochi a non conoscerci
(è facile che amore anche divida),
uniti, tu ed io! Dalla mia nascita
vegli sul mio respiro; tu inventasti
forme, colori ad invogliarmi a vivere.
E quando a me si schiudono le pàlpebre,
ad ogni alba, d’ancora esserci godi.
Chi, senza le albe mie, ti rifarebbe?
I miei sensi, di incanti tu ricolmi:
il vento in vesti di polvere e schiuma.
E fin quando le tue cime non crollino
e l’impeto dell’onde non sommerga il tuo piano,
al cielo ed alla terra, all’angelo ed al mostro,
voce di vivi, polvere di assenti ridiranno il tuo nome.