- Ausiàs March" />
Come colui che mentre dorme gode,
ma il suo piacere non è che un'illusione,
cosí io sono: il passato m'imprigiona
l'immaginazione, e altro bene non la abita,
sapendo che il dolore sta in agguato
e che per certo cadrò nelle sue mani.
Il tempo che verrà non può portarmi gioia,
quello che è nulla è per me il migliore.
Io sono un grande amante del passato,
non amando nulla, perché è già tutto finito;
al suo pensiero godo e mi rallegro,
ma se lo perdo cresce il mio dolore,
come colui che è condannato a morte
e da tempo lo sa e si fa forza,
e gli danno a credere che sarà graziato
e lo mandano a morte senza nessun ricordo.
Volesse Dio che il mio pensiero fosse morto
e che passassi la vita dormendo!
Vive male chi ha per nemica la mente
che gli fa il resoconto di ogni pena,
e quando gli concede la grazia di un piacere
fa come la madre con il suo bambino
che, se piangendo le chiede un veleno,
è cosí folle da non dirgli no.
Meglio sarebbe sopportare il dolore
che mescolare un poco di piacere
a tormenti che mi fanno impazzire,
se devo abbandonare il piacere pensato.
Ahimè, la gioia si converte in pena;
si raddoppia l'affanno dopo un breve riposo,
come il malato che per un buon boccone
trasforma il suo mangiare in sofferenza;
o come l'eremita, che ha smesso di rimpiangere
i vecchi amici, perché da tempo ormai
non mette piede in un luogo abitato,
e il caso un giorno gliene riporta uno
che gli ricorda i piaceri passati,
sicché gli fa tornare il passato presente,
e quando parte lo lascia nell'angoscia:
il bene quando fugge, chiama il male a gran voc.
Piena di senno, se l'amore è assai vecchio
è l'assenza il verme che lo corrode,
se non si oppone ferma la costanza
e il non prestare ascolto all'individuo.